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Che fine farà il turismo | Il destino incerto dei tanti stagionali e delle nostre vacanze

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

21
MAG
2020

Con l'obiettivo di contribuire a far risorgere l’industria turistica, la Commissione Europea ha varato il suo piano per le vacanze estive. Le pesanti restrizioni ai viaggi imposte a causa dell’epidemia di COVID-19 e i controlli alle frontiere dovrebbero essere revocati per le regioni, le aree e gli Stati membri con un’evoluzione positiva e una situazione epidemiologica abbastanza simile, con un coordinamento a livello europeo. “Quando un Paese decide di revocare le restrizioni alle sue frontiere, apre le porte – ha dichiarato la commissaria Ue agli Affari interni, Ylva Johansson - a tutti i cittadini residenti negli Stati Ue che si trovano nell’analoga situazione epidemiologica, senza discriminare sulla base della cittadinanza o del loro passaporto”. La Commissione propone un approccio graduale e flessibile, con la possibilità di reintrodurre alcune limitazioni se la situazione epidemiologica lo richiede. Gli Stati membri dovrebbero agire sulla base di tre criteri. Quello epidemiologico, secondo l’orientamento del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdd), utilizzando la mappa regionale sviluppata dallo stesso centro, la capacità di applicare misure di contenimento e distanziamento, e per considerazioni economiche e sociali, dando priorità ai settori chiave e includendo motivi personali.

Il rischio concreto è che l’estate 2020, segnata dalla paura coronavirus, possa tenere lontani i turisti. Tradotto significherebbe un durissimo colpo per un settore che vale in soldoni ben 1.400 miliardi. La Commissione guidata dalla presidente Ursula Von der Leyen corre ai ripari con una sorta di linee guida: obiettivo allineare le indicazioni di ogni singolo Paese affinché venga garantita la sicurezza dei turisti. Non solo semplici raccomandazioni, si pensa anche a strumenti necessari a monitorare la situazione, ad evitare il riaccendersi di focolai e tentare di fornire tutte le rassicurazioni indispensabili agli europei in cerca di relax. Bruxelles punta molto sulla tecnologia con lo studio di un portale internet, un’app di tracciamento per i dispositivi mobili e campagne di informazione al varco delle frontiere. L’idea di regole comuni per la graduale riapertura dei confini secondo indicazioni orientate sui dati epidemiologici, nasce dalla preoccupazione che ogni Paese possa alla fine andare in ordine sparso assumendo decisioni avulse dal contesto europeo. Comincia a tramontare l’ipotesi di un passaporto europeo sanitario.

In Italia il settore turistico generava milioni di occupati, solo a gennaio, appena prima della crisi, si auspicava un superamento notevole dell’anno precedente. Molti indicavano il 2020 come l’anno propizio per il nuovo obiettivo, quello di “diversificare” l’offerta puntando su altre tipologie di turismo, in particolare sul turismo culturale. Proprio quest’anno, ricorrono i 500 anni dalla morte di Raffaello e i 100 dalla nascita di Fellini, erano previsti festeggiamenti e numerose iniziative a livello nazionale, tutte sospese. 

Assistiamo ad una seria crisi della domanda, le cui cause sono varie e tutte dipendenti dal lockdown. Molti dei viaggiatori potrebbero rivolgersi verso un turismo più economico, o non considerare il viaggio nel breve periodo, senza sottovalutare il rischio “long-haul travel”, i viaggi su lunga tratta, poiché potrebbe essere difficile rientrare in Italia qualora dovesse ripresentarsi l’emergenza epidemica. A causa delle nuove misure di sicurezza, le compagnie aeree ammetteranno un minor numero di passeggeri su ogni volo, con conseguente riduzione della “booking window”. Alcune compagnie, nel primo periodo di emergenza Covid-19, hanno restituito le loro tratte certe che, una volta ristabilitasi la normalità, non riusciranno comunque a ripartire. Altre consentono la prenotazione con cancellazione gratuita, considerando un possibile rimborso come un danno minore rispetto ad un’entrata mancata. È possibile che alcune strutture alberghiere decidano di non riaprire per il 2020. 

La crisi della domanda ha investito soprattutto le Città d’arte italiane, dove si è registrato un impatto notevole nei mesi di marzo-aprile e maggio, che da soli costituivano un quarto delle presenze turistiche annuali. Si prevede per la fine dell’anno un’ulteriore riduzione delle presenze. E in molte di queste città ci sarebbe anche la crisi degli spazi pubblici. Il fulcro della nostra offerta turistica nel mondo sono le città, nello specifico Venezia, Roma e Firenze, con i loro monumenti e soprattutto con le loro piazze. In una città come Roma, in un contesto ancora influenzato dal virus è difficile pensare di visitare una Piazza di Spagna o una San Pietro tenendo le distanze di sicurezza. E ancora i Musei Vaticani dove, se ci limitassimo ad applicare le distanze alle code interminabili, queste diventerebbero decisamente più lunghe. Con i visitatori all’interno, si creerebbero degli assembramenti. Quanti, dopo l’entusiasmo dei primi giorni, avranno voglia di andare in spiaggia, o al ristorante, sapendo di essere circondati da plexiglass. Occorrerà trovare delle soluzioni per rendere ugualmente allettante l’offerta turistica, il più possibile simile a quella cui eravamo abituati, tenendo conto delle misure di sicurezza. Non cambierà forse solo l’urbanistica, anche il nostro modo di pensare la città e gli spazi aperti. 

Avremo poi la crisi della destinazione turistica, specialmente estera, in favore di un turismo più domestico. Stati Uniti e Cina, vedono la loro reputazione indebolirsi a causa della gestione dell’emergenza e dei sospetti sulla veridicità delle informazioni da loro fornite al resto del mondo. Molti  non vorranno viaggiare all’estero con la stessa leggerezza di prima, sapendo che c’è una minaccia pandemica e molti altri non vorranno farlo in paesi dei quali dubitano. Sicuramente torneremo a viaggiare, poiché il viaggio è insito nella nostra cultura, e ben prima nella nostra natura, ma lo faremo profondamente mutati.

Oltre la crisi della domanda, ugualmente importante è l’offerta. Il Coronavirus, ha portato, e porterà, un grande cambiamento nel nostro modo di sentirci turisti valutando la scelta della destinazione, gli interessi, i gusti, le preferenze per i soggiorni, la scelta della struttura ricettiva, soprattutto in base al prezzo. I futuri viaggiatori non avranno la stessa liquidità rispetto agli anni precedenti a causa delle misure per i lavoratori adottate dalle imprese durante la pandemia, il loro interesse si rivolgerà verso strutture più economiche, quali piccoli agriturismi, bed and breakfast o verso quelle nuove soluzioni ricettive che si sono affermate negli ultimi anni. Forse si potrebbe sperare in un turismo più europeo, non sappiamo però quando ci saranno le condizioni per viaggiare in sicurezza in Europa, né se queste saranno nel breve periodo. 

Quello che è certo è che bisognerà necessariamente rivedere l’offerta turistica, partendo innanzitutto dalla politica dei prezzi. Sebbene siano previste delle sovvenzioni statali per le strutture ricettive e dei bonus vacanze per le famiglie, esse non basteranno se le strutture ricettive stesse pretenderanno di mantenere il tenore di offerta cui erano abituati. Sarà necessario rimodulare l’illusione che il guadagno immediato porta benessere. Occorrerà, con pazienza, investire. Capitalizzare quei pochi turisti che ci saranno, magari con la creazione di nuove reti, partnership e pacchetti. Fidelizzarli, per assicurarsi un guadagno sul lungo periodo che consentirà in futuro non solo di rialzarsi, ma anche di non dover vivere più una così grave crisi del settore. L’Italia ha perso il suo primato turistico da ormai 50 anni. Occupa l’ottavo posto, preceduta da Australia, Regno Unito, Stati Uniti e Giappone. Germania, Francia e Spagna al primo posto.. La crisi di questa pandemia può decretare la distruzione del settore turistico oppure può essere un’opportunità per riflettere e rimettere discussione il nostro modo di offrire turismo. È il momento di iniziare a valorizzare, capitalizzare i nostri innumerevoli attrattori che non sono solo le grandi città d’arte, ma i borghi, i parchi, il nostro cibo, le tradizioni e la nostra cultura. L’Italia non “si vende da sola”. Siamo nati viaggiatori, il cambiamento in questo settore avrà fortissime ripercussioni sulla nostra individualità, e anche sul nostro sentirci turisti. 



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